"Siamo come una piccola Fiat polverizzata sul territorio. Le 274 farmacie etnee danno lavoro a 1.350 persone"
"Siamo come una piccola Fiat polverizzata sul territorio. Se la paventata chiusura dello stabilimento di Termini Imerese suscita una levata di scudi da parte del mondo sindacale e politico, non può lasciare indifferenti il pericolo che la rete delle farmacie sia posta in gravissima difficoltà". In occasione del 60° anniversario della nascita di Federfarma Catania, l’associazione che riunisce i titolari di farmacia, il presidente provinciale e vice presidente nazionale Gioacchino Nicolosi traccia un bilancio sul ruolo della farmacia e manifesta preoccupazione per i tagli subiti dalla categoria negli ultimi anni.
D. Dott. Nicolosi come mai ha paragonato la condizione in cui versano le farmacie etnee alla delicata situazione dello stabilimento Fiat di Termini?
Non si tratta di paragonare la nostra condizione a quella dei lavoratori di Termini Imerese, ai quali va tutta la nostra considerazione e solidarietà. Desidero sottolineare però che i numeri delle due realtà sono molto simili: le 274 farmacie della provincia di Catania danno lavoro a 1.350 persone, all’incirca quante ne sono impiegate nello stabilimento di Termini Imerese. Inoltre le farmacie hanno un indotto diretto di oltre 500 persone, tra distributori intermedi, grossisti e centri di elaborazione delle ricette; senza contare i rappresentanti, gli studi professionali e i vari soggetti erogatori di servizi che collaborano con la farmacia. Nella sola provincia di Catania gravitano attorno al sistema farmacia oltre duemila lavoratori. Abbiamo numeri da stabilimento industriale, eppure, a differenza delle grandi aziende, non abbiamo ammortizzatori sociali né abbiamo mai chiesto misure di sostegno al governo nazionale e regionale. Anzi, negli ultimi anni, abbiamo subito per spirito di servizio, pesanti tagli al fatturato. Ma adesso io credo che tale situazione sia arrivata ad un punto di non ritorno".
D. Cosa intende dire?
R. Le farmacie hanno pagato il tributo più pesante per contribuire al risanamento del servizio sanitario regionale. In due anni e mezzo il nostro fatturato è stato ridotto del 25%, per contro il numero delle ricette che passa dalla farmacia è cresciuto. Io credo che nessuna azienda riesca a reggere per molto se le sue entrate vengono ridotte di un quarto e il lavoro anziché diminuire, come sarebbe conseguente, aumenta. A partire dal 2007 si è minata la stabilità di un sistema che, attraverso il radicamento delle farmacie sul territorio, era stato ed è in grado di fornire al cittadino un servizio capillare, efficiente ed economico. Noi per primi abbiamo sostenuto la campagna per i farmaci generici, per contribuire ad abbassare la spesa farmaceutica, ma non condividiamo la scelta della distribuzione diretta, che ha affidato ad una decina di centri della sanità territoriale (Asp) l’erogazione dei farmaci innovativi ed a più alto costo, tra cui alcuni “salvavita”; erogazione svolta in passato dalle 274 farmacie. Questo provoca forti disagi e costi sociali incalcolabili per i cittadini, che spesso devono ritirare le medicine a decine di chilometri di distanza anziché nella vicina farmacia, aperta 24 ore su 24 con il sistema della turnazione. In questo modo si svuota la farmacia, che è la casa naturale del farmaco, e si rischia di disperdere il patrimonio di professionalità dei farmacisti, che non saranno più in condizione di conoscere le nuove molecole dei medicinali ad alta componente tecnologica.
D. Ma l’esigenza del risparmio farmaceutico è una priorità, in una regione come la Sicilia che ha sforato il tetto di spesa. Il piano di rientro penalizza un po’ tutti, non solo le farmacie.
R. Non discuto sulla priorità di rimettere in ordine i conti della sanità regionale, ma la distribuzione diretta non consente un risparmio reale, perché – come, tra l’altro, ha accertato uno studio del prof. Giacomo Pignataro docente di Economia Sanitaria nella Facoltà di Economia di Catania, e come dimostra il fatto che, nelle regioni in cui tale sistema è stato adottato, si è tornati indietro - questa procedura richiederebbe l’assunzione di circa 130 dipendenti nelle strutture territoriali dell’Isola e il ricorso a turni straordinari per distribuire i medicinali. Senza considerare gli enormi disagi che vengono scaricati sulle fasce più deboli della popolazione. Inoltre, come accennavo, la nostra categoria è tra quelle che hanno pagato il prezzo più alto per venire incontro alle esigenze di rientro della spesa sanitaria regionale. Tolti gli stipendi al personale, le spese per la gestione dei locali e le utenze, a noi resta circa il 4% del fatturato totale, una cifra che nelle piccole farmacie rurali non consente di remunerare nemmeno il lavoro del titolare. Non rivendichiamo nulla, ma chiediamo di fermare questa politica che danneggia le farmacie e di poter concordare le misure che ci riguardano per non doverle più subire passivamente. D’altronde, nonostante i tagli, grazie allo spirito di servizio dei farmacisti, in questi anni Federfarma Catania è riuscita a portare avanti il progetto: “La mia Farmacia, la salute al posto giusto”.
D. In cosa consiste questo progetto?
R. Per adeguarsi al cambiamento in atto nel mondo della sanità, Federfarma Catania ha deciso di fare della farmacia un punto d’incontro tra salute e benessere, un luogo in cui non si entra solo per acquistare le medicine, misurare la pressione o altri parametri; ma un presidio dove effettuare anche screening gratuiti in determinati periodi dell’anno o trovare risposte alle quotidiane piccole esigenze salutistiche. In quest’ottica abbiamo sottoscritto diversi protocolli d’intesa con il Comune, l’Asp, l’ospedale Gravina, la Croce rossa e con associazioni di volontariato, per ampliare la gamma dei servizi offerti al cittadino. Così abbiamo avviato in via sperimentale a Caltagirone il servizio di prenotazione delle visite specialistiche attraverso le farmacie, sono nati i corsi per insegnare alle badanti l’Abc del farmaco, ma anche la sinergia con i consultori e le brochure informative sulle principali patologie.
D. In un certo senso Federfarma Catania ha anticipato il decreto legislativo del 2 ottobre scorso, che consente l’erogazione di servizi aggiuntivi nelle farmacie.
R. In parte è così, anche se per altre attività molto dipenderà dai nostri interlocutori istituzionali. Per quanto ci riguarda siamo disposti a fare la nostra parte e a portare in farmacia servizi aggiuntivi come la prenotazione delle visite specialistiche, già sperimentata con successo nel Calatino, che farebbe risparmiare tempo al cittadino e accorcerebbe le liste d’attesa. Da tempo, inoltre, abbiamo avviato una serie di campagne di prevenzione itineranti, per andare incontro alla gente e portare la nostra esperienza “oltre il banco”, in piazza, insomma fuori dai tradizionali confini della professione. Come farmacisti sentiamo più che mai il dovere di continuare ad essere presenti sul territorio, di dare una risposta sempre adeguata ad una domanda di salute sempre più consapevole, perché non intendiamo delegare ad altri il nostro ruolo e la nostra professionalità, consapevoli come siamo che la vera sfida per la farmacia, da oggi, si giocherà sul terreno dei servizi al cittadino.
D. Quali sono le prossime iniziative?
R. È in cantiere un protocollo d’intesa con la Provincia per estendere a tutto il territorio etneo la collaborazione avviata, grazie ad un precedente accordo, con il Comune di Catania e con il Comitato provinciale della Croce rossa. E presto verrà sottoscritto un protocollo d’intesa anche con il Dipartimento regionale della Protezione Civile, per l’inserimento delle farmacie nella rete della stessa Protezione Civile; infine, abbiamo mosso i primi passi concreti per la costituzione di una “Fondazione Federfarma”, con l’obiettivo di convogliare in progetti unitari tutte le iniziative di solidarietà della categoria, in coerenza con la nostra mission e con lo spirito di servizio che da sempre anima la professione del farmacista in farmacia.
Catania, 22 ottobre 2009